Comprendere le economie statunitense e cinese attraverso una prospettiva storica.
Hua Bin
huabinoliver.substack.com
Nella prima parte del mio saggio, ho descritto come in Occidente, nelle prime fasi del capitalismo industriale, il mercato e la concorrenza abbiano lasciato il posto al capitalismo finanziario monopolistico finalizzato alla ricerca del massimo profitto (ovvero del valore per gli azionisti), come sostenuto da Peter Thiel, il padrino e filosofo dell’élite tecnologica e finanziaria della Silicon Valley che oggi domina l’economia politica statunitense.
La strada di Thiel verso la ricchezza prevede la fusione delle oligarchie tecnologiche e finanziarie. Aveva accumulato la sua prima fortuna (55 milioni di dollari) con la vendita di PayPal a eBay, nel 2002. Da allora, ha trasformato questa somma relativamente modesta in un patrimonio netto di circa 23 miliardi di dollari, investendo in Facebook, LinkedIn, Space X, Palantir e OpenAI. È anche uno dei maggiori azionisti di Bitmine, un’importante società di mining di Bitcoin.
Thiel incarna l’ascesa di quello che Jonathan Levy, storico dell’economia dell’Università di Chicago, chiama il “capitalismo di apprezzamento degli asset” nel suo libro Ages of American Capitalism.
Il capitalismo dell’apprezzamento degli asset è una forma di creazione di ricchezza in cui il valore viene generato e accumulato attraverso l’aumento del valore degli asset, come terreni e strumenti finanziari, piuttosto che attraverso la produzione di beni.
Nel momento in cui gli Stati Uniti sono passati da un capitalismo incentrato sull’industria a uno in cui i mercati finanziari sono diventati centrali per la creazione e la distribuzione della ricchezza, “arricchirsi” significa aumentare il valore dei beni posseduti, piuttosto che creare nuova ricchezza attraverso il lavoro o la produzione.
L’aumento della ricchezza della classe proprietaria supera di gran lunga la crescita del reddito dei lavoratori, anche di quelli qualificati e altamente retribuiti. Il risultato finale è un’estrema concentrazione (o monopolio) di ricchezza e potere e un’estrema disuguaglianza.
Vladimir Lenin, fondatore dell’Unione Sovietica e acuto critico del capitalismo finanziario predatorio, aveva accuratamente previsto che questo capitalismo monopolistico si sarebbe evoluto in una forma di imperialismo altamente finanziarizzato e parassitario che avrebbe perseguito l’egemonia mondiale.
L’analisi di Lenin, basata sul materialismo dialettico, illustra perfettamente la lotta fondamentale tra Stati Uniti e Cina, un conflitto che definisce l’odierno cambiamento dell’ordine mondiale.
A differenza degli Stati Uniti, La Cina, che ha studiato l’economia politica di Lenin, sotto il presidente Xi Jinping ha scelto un percorso completamente diverso: l’economia socialista di mercato.
Fin dall’inizio del suo mandato, il presidente Xi si è concentrato sulla crescita dell’”economia reale” (soprattutto quella manifatturiera), sulla promozione della concorrenza e sulla repressione degli oligarchi del settore tecnologico e immobiliare. L’obiettivo di queste politiche è evitare che la Cina diventi un’altra economia svuotata e rentier finanziarizzata.
La Cina ha mantenuto saldamente le politiche creditizie e monetarie nelle mani dello Stato, invece di permettere la loro cattura da parte di interessi finanziari privati, come la Federal Reserve negli Stati Uniti.
Sebbene il modello cinese abbia tratto ispirazione dall’avvertimento di Lenin sul capitalismo finanziario, si è evoluto dal modello di pianificazione centrale dell’URSS.
L’attuale economia politica cinese è una combinazione di programmi economici hamiltoniani e di innovazioni uniche basate sulla propria tradizione storica, tra cui l’esecuzione decentrata a livello locale sotto una guida strategica dall’alto verso il basso, la gestione meritocratica delle prestazioni dei funzionari governativi e un settore privato ipercompetitivo.
Un esempio di questa innovazione economica è quello che l’economista Jin Keyu nel suo libro The New China Playbook ha definito “l’economia dei sindaci”, il fatto che le singole città siano autorizzate a promuovere e far crescere le imprese locali in settori strategici chiave. Il modello cinese oggi viene spesso definito “oltre il capitalismo o il socialismo”.
Ho definito questa forma di economia politica come capitalismo industriale di Stato basato sul mercato. Se interessati, potete consultare il mio saggio The Secret Sauce of Chinese Industrial Success.
Il risultato di queste scelte economiche divergenti è che, con il fiorire della concorrenza, la Cina si sta trasformando nell’Economia dell’Abbondanza, mentre gli Stati Uniti sono diventati l’Economia della Scarsità, con i monopoli che estraggono profitti parassitari.
I segnali sono evidenti.
La sovracapacità cinese
La tanto declamata “sovracapacità cinese” è, in realtà, un segno di una reale concorrenza di mercato, un segno di abbondanza.
Forse, dal punto di vista del puro ritorno sull’investimento, molte industrie cinesi hanno costruito troppo e non sono riuscite a garantire alti rendimenti nel breve termine. Ma un’altra prospettiva è che la Cina costruisce per la domanda futura. Al contrario, le aziende occidentali costruiscono per la domanda esistente, con poche riserve per la resilienza.
Un esempio è la capacità di generazione di energia elettrica. Pechino ha investito molto nel corso di quarant’anni nello sviluppo sia delle energie tradizionali che in quelle verdi, dall’energia solare, eolica, idroelettrica al nucleare. Di conseguenza, oggi la Cina produce più elettricità di Stati Uniti, Europa, Giappone e India messi insieme.
La crescita annuale della domanda di elettricità della Cina è pari a quella dell’intera Germania, ma la Cina costruisce ogni anno una capacità di generazione pari al doppio di quella della Germania.
La Cina è in una posizione migliore rispetto a qualsiasi altro Paese per soddisfare la crescente domanda di elettricità derivante dall’introduzione su larga scala dell’IA, grazie alla capacità di generazione di energia verde e nucleare più grande e in più rapida crescita al mondo e alla più grande rete elettrica ad altissima tensione.
All’interno della catena di fornitura di energia elettrica, i condensatori svolgono un ruolo fondamentale per l’immagazzinamento dell’energia elettrica e la stabilizzazione delle fluttuazioni sulla rete. La Cina detiene una posizione dominante nel mercato globale dei condensatori, con una quota di mercato globale del 50%. Gli Stati Uniti hanno una quota trascurabile in questo mercato critico di componenti, e questo rappresenta un ulteriore ostacolo all’espansione della produzione di energia.
L’Agenzia nazionale per l’energia ha riferito che, nel luglio 2025, il consumo di elettricità in Cina ha superato la soglia dei 1.000 miliardi di chilowattora, complici le ondate di caldo torrido che hanno fatto aumentare la domanda.
Si tratta di una crescita dell’8,6% rispetto a un anno fa, equivalente al consumo annuale di elettricità dei Paesi dell’ASEAN. Nessun altro Paese è in grado di soddisfare un aumento così drastico della domanda senza sovraccaricare la propria rete di distribuzione.
La “sovracapacità” della Cina assicura che il Paese possa affrontare con facilità la volatilità della domanda.
Ecco un esempio opposto dei problemi di capacità dell’Occidente: secondo Mark Rutte, capo della NATO, l’intera alleanza NATO non è in grado di produrre, in un anno, le munizioni prodotte dalla Russia in 3 mesi, pur avendo un PIL collettivo 25 volte superiore a quello russo.
Secondo il Guardian, nella guerra di 12 giorni contro l’Iran gli Stati Uniti e Israele hanno utilizzato il 25% dell’intero stock di intercettori THAAD. L’Iran ha lanciato da 400 a 500 missili, molti dei quali provenienti dalle sue vecchie scorte. Israele ha dovuto chiedere la pace perché lo Stato sionista era sul punto di esaurire le munizioni della sua difesa aerea.
Il Pentagono ammette di avere solo un quarto degli intercettori Patriot di cui ha bisogno per tutti i suoi piani di guerra. Pertanto, ha dovuto razionare questi intercettori tra Ucraina e Israele.
Se l’Iran può esaurire la difesa aerea degli Stati Uniti e di Israele in meno di due settimane con la sua limitata base di produzione per la difesa e dopo decenni di sanzioni economiche, come potrebbero gli Stati Uniti e i suoi vassalli sostenere un conflitto di alto livello con la Cina, quando quest’ultima può sparare 2.000 salve di missili al giorno nel primo mese di una guerra contro Taiwan, come da una simulazione bellica della Rand Corporation.
La Marina statunitense ha ammesso apertamente che la Cina ha una capacità di costruzione navale 240 volte superiore a quella degli Stati Uniti. In una guerra di logoramento, la Cina può mobilitare una capacità di produzione bellica di un ordine di grandezza superiore a quella degli Stati Uniti.
In uno scenario di guerra, i pianificatori bellici statunitensi sarebbero felicissimi di avere un problema di “sovracapacità”.
Lo sviluppo dell’intelligenza artificiale
La battaglia globale per il dominio dell’intelligenza artificiale si svolge tra le aziende tecnologiche statunitensi e cinesi. Le aziende statunitensi godono di un vantaggio significativo in termini di calcolo grazie alle restrizioni alle esportazioni dei loro chip, mentre le aziende cinesi si concentrano sull’ottimizzazione del software e sull’uso efficiente delle limitate risorse di calcolo.
[Americani e cinesi] hanno anche perseguito strategie di prodotto e di mercato divergenti. I leader dell’IA negli Stati Uniti – OpenAI, Google Gemini, xAI (Grok), Anthropic Claude – sono tutti concentrati su sistemi chiusi, proprietari e ad alto prezzo per massimizzare i ricavi dei loro Large Language Model (LLM) e generare un elevato ritorno sugli ingenti investimenti effettuati.
Il mercato si aspetta che queste aziende monopolizzino il mercato globale dell’IA e le ha premiate con valutazioni astronomiche. Ad esempio, OpenAI è valutata 500 miliardi di dollari nonostante nel 2024 abbia avuto un fatturato di soli 5,5 miliardi di dollari e una perdita operativa di miliardi. Il direttore finanziario di OpenAI ha ammesso che l’azienda non raggiungerà un profitto fino a che non sarà arrivata a 125 miliardi di dollari di fatturato.
In confronto, Alibaba, leader dell’e-commerce e dell’AI in Cina, ha una capitalizzazione di mercato di 280 miliardi di dollari, appena la metà di OpenAI. Tuttavia, nel 2024 Alibaba ha generato un fatturato di 130 miliardi di dollari, più di 20 volte quello di OpenAI, con un utile netto di 11 miliardi di dollari.
I leader cinesi dell’IA hanno scelto una strategia “open source e open weight”, all’opposto del sistema proprietario e chiuso statunitense. Il loro obiettivo è fornire agli utenti e agli sviluppatori di tutto il mondo un accesso completo ai loro modelli di gratuiti di ultima generazione.
I modelli di IA cinesi più importanti sono tutti open source e a parametri pubblici: DeepSeek R1, Moonshot AI Kimi K2, Alibaba Qwen3, Z.ai GLM4.5 e MiniMax M1.
Con l’open-sourcing dei loro LLM, queste startup di IA si sforzano di espandere l’uso e le applicazioni dell’IA in modo più ampio per gli utenti che desiderano modelli di IA economici, trasparenti e controllabili che si adattino alle loro esigenze e proteggano i loro dati proprietari e i loro segreti commerciali.
L’industria cinese dell’IA dà la priorità all’accesso e all’adozione su larga scala rispetto ai profitti a breve termine. La sua strategia a lungo termine consiste nel monetizzare l’investimento attraverso il supporto alle applicazioni e i servizi personalizzati, piuttosto che far pagare l’uso o le inferenze.
Invece di creare un collo di bottiglia attorno ai modelli di IA di ultima generazione, gli operatori cinesi dell’IA vogliono trasformare i modelli fondamentali di grandi dimensioni in una commodity e recuperare il loro investimento principalmente attraverso applicazioni e innovazioni a valore aggiunto costruite su questi modelli.
Mentre l’obiettivo delle aziende americane di IA è quello di controllare il mercato e sviluppare dipendenze, le aziende cinesi di IA intendono democratizzare l’accesso e rendere possibile una vera sovranità digitale.
Il risultato è stato immediato e travolgente: dall’uscita di DeepSeek nel gennaio 2025, sono stati lanciati numerosi modelli di IA cinesi ad alte prestazioni, tutti “open-source, open-weight”. Le loro prestazioni sono vicine alla parità e talvolta superano i principali modelli proprietari nei test di benchmarking.
Secondo Martin Casado, socio accomandatario della società di venture capital a16z (precedentemente nota come Andreessen Horowitz) con sede nella Silicon Valley, i modelli di ultima generazione cinesi open-source sono utilizzati dall’80% delle startup di IA in cerca di finanziamenti presso la sua società.
Casado e molti addetti ai lavori, come Ali Farhadi dell’Allen Institute for AI, prevedono che molto probabilmente la Cina guiderà la prossima ondata di applicazioni di IA su larga scala.
La crisi immobiliare e l’inflazione
Sia la Cina che gli Stati Uniti stanno attraversando una crisi immobiliare. La ben nota crisi immobiliare cinese è dovuta a un eccesso di offerta, che porta a un abbassamento dei prezzi; la meno nota crisi statunitense è dovuta a un’offerta insufficiente, che porta ad un aumento degli affitti e dei prezzi delle case.
Mentre in Cina il calo dei prezzi delle abitazioni ha ridotto la ricchezza [legata al valore dei beni immobili] e frenato i consumi, l’accessibilità economica è migliorata notevolmente. Per contro, i capitalisti finanziari come Blackstone hanno distrutto il mercato immobiliare statunitense. Secondo il Pew Research Center, la famiglia media statunitense spende più del 30% del reddito disponibile per affitti o mutui.
In Cina l’inflazione misurata dall’IPC è prossima allo zero ormai da anni. I consumatori cinesi non hanno sperimentato un aumento dei prezzi nemmeno durante il peggior periodo della Covid. Le abitazioni e la maggior parte dei beni materiali sono più economici oggi rispetto a 5 anni fa. Al contrario, l’inflazione sembra saldamente radicata in Occidente, soprattutto nella sfera anglosassone.
Anche se misurata con la metrica altamente disonesta del “core CPI”, l’inflazione negli Stati Uniti nel luglio 2025 era al 3,1%. La vera inflazione, o “inflazione percepita”, è molto più alta.
I dati “ufficiali” sull’inflazione riportati dai media finanziari si riferiscono in genere al “core CPI”. Il calcolo esclude opportunamente i generi alimentari, l’energia, i trasporti e gli alloggi, apparentemente per eliminare la volatilità, ma, di fatto, sottovalutando l’inflazione reale per i bisogni più importanti, quelli che si avvertono a livello di portafoglio.
La concorrenza di mercato
Dalle automobili ai ristoranti, in Cina il livello di abbondanza, più elevato [che negli USA], ha causato una grande concorrenza di mercato. Tale concorrenza ha portato a una riduzione dei prezzi e ad un aumento del surplus per i consumatori.
I profitti delle imprese sono effettivamente più bassi ma, come ha giustamente sottolineato Peter Thiel, la concorrenza perfetta dovrebbe portare a profitti più bassi per i capitalisti. Se questa è la definizione di libero mercato, allora perché non lasciare che il mercato faccia la sua magia?
Il livello molto più basso di concorrenza negli Stati Uniti ha portato a una minore capacità, a una maggiore scarsità e a un’inflazione persistente per i consumatori, dal cibo all’affitto, dall’istruzione alla sanità.
Se si dà una rapida occhiata alla maggior parte dei settori, si scopre che l’intensità della concorrenza è molto più alta in Cina che negli Stati Uniti.
– Nel settore degli smartphone, Huawei, Xiaomi, Oppo, Vivo e Honor competono con Apple e Samsung.
– In quello dei veicoli elettrici, BYD, Geely, Cherry, Nio, Li Motors, MG, Xiaomi e Aito competono con Tesla e VW.
– In Cina operano oltre 60 compagnie aeree e le tre più grandi hanno una quota di mercato collettiva inferiore al 40%. Mentre negli Stati Uniti, le Big Four controllano una quota di mercato del 75%.
– Ci sono 150 cantieri navali attivi in Cina, mentre negli Stati Uniti solo 2 producevano nuove navi all’inizio del 2025, secondo Gemini.
[Negli USA] mentre le imprese, in particolare i monopoli, godono di profitti sempre più elevati e quindi di prezzi azionari e capitali di mercato maggiori, la distribuzione della ricchezza è altamente diseguale, con la classe capitalista che si accaparra la fetta maggiore di ricchezza (sotto l’eufemismo di “azionariato”).
La competizione si sta estendendo oltre le imprese e si sta intensificando tra le città cinesi, mentre i governi locali spingono per sviluppare hub ad alta tecnologia e attrarre talenti:
– Hangzhou e Shenzhen sono in competizione nel campo dell’IA e della robotica
– Chongqing e Hefei nel settore EV
– Suzhou e Chengdu nel settore biofarmaceutico
– Guizhou e Guangxi nei centri dati
– Shanghai e Dalian nella cantieristica
– Chengdu, Shenyang e Xi’an nel settore aerospaziale, jet militari e droni.
I vari governi locali offrono incentivi e infrastrutture per aiutare le imprese a costruire hub di produzione, centri di R&S ed ecosistemi di fornitura localizzati. Il successo non solo trasforma l’economia locale, ma gioca anche un ruolo fondamentale nella valutazione delle prestazioni e nella promozione dei funzionari locali.
Il sindaco di Hefei si è guadagnato la ribalta nazionale e si dice che sia sulla buona strada per diventare leader nazionale, dato che negli ultimi 10 anni la città si è trasformata da zona periferica a vivace polo di industrie ad alta tecnologia (EV, fotovoltaico, semiconduttori, LCD e tecnologia quantistica), grazie alla Hefei Nationl High-tech Industry Development Zone.
Investimenti in capitale fisso e infrastrutture
In Cina un altro segno dell’economia dell’abbondanza è rappresentato dagli investimenti in capitale fisso. Nel corso dei decenni, la Cina ha investito enormi capitali per creare nuove capacità incrementali, da fabbriche, strade, ferrovie ad alta velocità, porti, reti elettriche e infrastrutture di telecomunicazione.
Dei 60.000 chilometri totali di ferrovia ad alta velocità in tutto il mondo, 48.000 chilometri sono stati costruiti in Cina dal 2008. La Cina prevede di espandere la rete ferroviaria nazionale ad alta velocità e portarla a 60.000 chilometri entro il 2030 e ha recentemente avviato la costruzione della ferrovia ad alta velocità Xijiang-Tibet.
18 dei 20 ponti più alti del mondo si trovano in Cina. 7 dei 10 principali porti container sono in Cina. Il principale porto container degli Stati Uniti – quello di Los Angeles e Long Beach – è al 17° posto, dietro a Dalian, nel nord della Cina. 4 delle 10 principali dighe idroelettriche sono in Cina.
Nel 2024, la Cina ha contribuito per il 70% della produzione mondiale totale di EV, l’80% di materie prime generiche (KSM) e ingredienti farmaceutici attivi (API), l’80% di pannelli solari, il 77% di batterie, oltre il 50% di acciaio e cemento e il 90% di terre rare raffinate.
Secondo la Banca Mondiale, nel 2024 la Cina ha coperto il 36% della produzione manifatturiera globale, rispetto al 12% degli Stati Uniti. La quota della Cina nel settore manifatturiero globale è superiore a quella di Stati Uniti, Unione Europea e Giappone messi insieme.
La maggior parte degli investimenti cinesi è finanziata da banche statali. Le banche incanalano gli elevati risparmi della popolazione verso le industrie produttive, sotto la guida del mercato e del governo.
Sebbene ci siano certamente degli eccessi, come il cieco sovrainvestimento nel settore immobiliare negli anni 2000, la maggior parte delle allocazioni delle risorse sono razionali e produttive, come nel caso dell’iniziativa decennale Made in China 2025, che si è concentrata sull’industria manifatturiera ad alta tecnologia, dando risultati sorprendenti.
Tali investimenti hanno portato a massicci aumenti di produttività e hanno posto la Cina all’avanguardia delle future innovazioni tecnologiche.
Pechino ha anche imparato che il mercato non è infallibile, come abbiamo visto con la bolla speculativa immobiliare. L’intervento del governo è necessario per raggiungere il giusto equilibrio.
D’altro canto, gli investimenti di capitale negli Stati Uniti e, più in generale, in Occidente si sono arenati, fatta eccezione per l’attuale mania dell’IA, con l’espansione massiccia dei data center e della relativa generazione di energia (che molto probabilmente è un’altra bolla destinata a scoppiare presto, come possiamo capire dal deludente lancio di ChatGPT 5).
[Negli USA] gli investimenti di capitale riguardano per lo più la capacità esistente e servono principalmente a facilitare il trasferimento di proprietà, come le fusioni e acquisizioni, i riacquisti di azioni o la privatizzazione dei servizi pubblici. Viene costruita poca capacità produttiva incrementale.
Nonostante la promessa di “Ricostruire le infrastrutture americane” fatta da tutte le amministrazioni statunitensi, a partire da George W. Bush, e la “Settimana delle infrastrutture”, ripetuta quasi ogni settimana durante la presidenza Trump 1.0, sono stati pochi gli investimenti effettivi per ricostruire le autostrade, le ferrovie, i porti, i ponti e le reti elettriche fatiscenti del Paese.
L’American Society of Civil Engineers (ASCE) ha stimato che, nel 2023, a livello nazionale quasi 77.800 ponti erano strutturalmente carenti.
Quando Apple aveva annunciato il suo gigantesco investimento nazionale da 600 miliardi di dollari, avevo deciso di indagare su quali fossero i progetti finanziati da Apple. Gli unici programmi concreti erano: 1) un centro di formazione industriale a Detroit; 2) una nuova fabbrica di server AI a Houston; 3) l’approvvigionamento di terre rare di produzione statunitense da MP Materials.
Un centro di formazione e l’approvvigionamento di terre rare non sono certo progetti ad alto costo. E dubito che una fabbrica di server per l’intelligenza artificiale, per quanto grandiosa, sarà un affare da molti miliardi. La fonderia di semiconduttori più avanzata costruita da TSMC, probabilmente il progetto produttivo più costoso, era costata circa 20 miliardi di dollari.
A meno che Tim Cook non intenda costruire 30 fonderie all’avanguardia per chip da 3 nm, è difficile immaginare che questi miseri progetti di Apple raggiungano i 600 miliardi di dollari. Tra l’altro, ho controllato, non ci sarà nessun iPhone prodotto negli Stati Uniti, né Mac Air, se è per questo.
Se Cook non sta mentendo, come può Apple investire una cifra così astronomica? Una rapida ricerca su Google Gemini fornisce la risposta: “Apple ha speso oltre 945 miliardi di dollari in riacquisti di azioni dal 2012, con il suo più recente programma di riacquisto autorizzato nel maggio 2024 per 110 miliardi di dollari. Questo include un record di 81,8 miliardi di dollari di riacquisti nei 12 mesi terminati il 31 marzo 2024, e una cifra di 697,7 miliardi di dollari nel decennio precedente che termina nel giugno 2025”.
Immagino che Tim Cook si stia impegnando in qualche altro centinaio di miliardi di dollari di riacquisti di azioni per rispettare l’impegno preso con Trump per “rendere l’America di nuovo grande”.
Allo stesso modo, quando le grandi imprese statunitensi annunciano i loro investimenti, sono pochi quelli per progetti che partono da zero. Il più delle volte, tali investimenti sono operazioni di trasferimento di proprietà come riacquisti di azioni, leveraged buyout o privatizzazioni. L’unico problema è che i riacquisti di azioni non creano posti di lavoro né si traducono in capacità produttive.
Smitizzare il ruolo degli investimenti diretti esteri (IDE) in Cina
Un’idea sbagliata comune in Occidente sullo sviluppo della Cina è che la sua crescita sia il prodotto di massicci investimenti diretti esteri (IDE) provenienti dai Paesi occidentali, in particolare dagli Stati Uniti. Se si ascoltano i politici statunitensi, si ha l’impressione che lo sviluppo della Cina sia merito delle aziende americane che vi hanno trasferito le fabbriche.
Sebbene il commercio e gli IDE abbiano effettivamente svolto un ruolo cruciale nelle prime fasi del decollo economico cinese, gli IDE non sono mai stati il principale motore degli investimenti cinesi per quanto riguarda capacità industriali e infrastrutture.
Gli IDE provenienti dagli Stati Uniti rappresentano meno del 15% del flusso totale di IDE in Cina, ben al di sotto le percentuali di Hong Kong e Singapore.
Secondo le stime di Grok, il totale degli IDE in Cina negli ultimi 40 anni è di 3,66 trilioni di dollari. Gli investimenti diretti totali degli Stati Uniti in Cina ammontano a 500 miliardi di dollari (si confronti questo dato con il possesso di titoli del Tesoro americano da parte della Cina, pari a 750 miliardi di dollari, che rappresenta l’investimento della Cina negli Stati Uniti).
Per contestualizzare i dati, il PIL cumulativo della Cina negli ultimi 40 anni è di 208.000 miliardi di dollari. E gli investimenti fissi cumulati (o formazione di capitale) nello stesso periodo sono pari a 89,5 trilioni di dollari.
Gli IDE rappresentano circa il 4% della formazione di capitale negli ultimi 40 anni e gli IDE dagli Stati Uniti rappresentano lo 0,55%.
Gli IDE in % del PIL cinese sono inferiori alla media dei BRICS e alla maggior parte dei Paesi dell’UE. Secondo l’analisi di Grok, sia la Cina che gli Stati Uniti hanno una dipendenza dal commercio e dagli IDE inferiore a quella di altre grandi economie, avendo entrambi economie più orientate verso l’interno.
Più che gli IDE, il risparmio interno cinese è il vero motore che ha alimentato gli investimenti e la crescita del Paese. In altre parole, è il “sottoconsumo” dei cinesi che ha permesso la formazione del capitale.
Il ruolo delle banche
Nei manuali di economia, le banche sono tradizionalmente la fonte di fondi per gli investimenti delle imprese. In effetti, In Cina le banche statali sono responsabili del finanziamento della maggior parte degli investimenti in capitale fisso e della costruzione di infrastrutture. Le banche incanalano i risparmi nazionali verso opportunità produttive incrementali.
Tuttavia, come ha sostenuto il professor Michael Hudson, oggi le banche in Occidente concedono prestiti solo a fronte di garanzie, cioè di attività esistenti. Non sono più in grado di erogare prestiti per capacità incrementali ad alto rischio.
Un’analisi mostra che oltre l’85% degli investimenti statunitensi in fabbriche e scorte proviene da utili non distribuiti o dall’emissione di nuove azioni.
Le banche occidentali preferiscono concedere prestiti al settore immobiliare o alle fusioni e acquisizioni di imprese esistenti che possono creare opportunità di rendita. Come accennato in precedenza, gli avvoltoi dei private equity sfruttano i finanziamenti bancari per acquistare unità abitative a basso reddito, aree di sosta per roulotte, servizi pubblici, prestiti studenteschi cartolarizzati, case di cura e persino prigioni per ottenere il massimo rendimento.
Nella maggior parte delle operazioni delle private equity multimiliardarie, gli investimenti incrementali per aumentare la capacità o la qualità dei servizi sono scarsi. I finanziatori si limitano a caricare il debito e a spostare gli asset da un gruppo di proprietari a un altro, arricchendosi nel processo.
Le operazioni più redditizie sono i colli di bottiglia o gli investimenti simili alle strade a pedaggio, dove i finanziatori possono stabilire un modello di business a scopo di lucro, idealmente con una base di clienti vincolati come studenti, detenuti o anziani. Per uno studio sul capitalismo predatorio, si veda Plunder: Private Equity’s Plan to Pillage America di Brendan Ballou, è un ottimo riferimento.
Se è possibile descrivere gli investimenti cinesi in capacità produttiva, R&S e infrastrutture per ridurre l’economia e creare abbondanza, i capitalisti finanziari occidentali stanno facendo il contrario, poiché la scarsità è il modo migliore per garantire il massimo rendimento.
Letteralmente, i capitalisti finanziari sono i moderni Robin Hood al contrario.
L’economia finanziarizzata di oggi non è più il capitalismo descritto da Adam Smith. La creazione di ricchezza avviene attraverso il trasferimento della proprietà, non grazie a un’imprenditorialità produttiva che si assume dei rischi.
La finanziarizzazione è in gran parte responsabile della morte del settore manifatturiero statunitense, in quanto si basa sulla creazione di denaro a beneficio degli azionisti, il cui interesse è solo il ritorno sugli investimenti, a prescindere dal benessere dei lavoratori o della nazione.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti: l’economia statunitense è sempre più un’economia rentier della scarsità, con i relativi costi a carico dei consumatori.
In conclusione, il successo della Cina negli ultimi decenni è il risultato della scelta politica deliberata di costruire un’economia di produzione e di garantire un’ampia prosperità comune. Il suo modello economico è un capitalismo di Stato basato sul mercato, con alti livelli di coinvolgimento del governo nella guida strategica e nell’allocazione delle risorse.
Si tratta di un modello misto che incorpora molti elementi dei programmi economici hamiltoniani, responsabili del decollo economico degli Stati Uniti alla fine del XIX secolo, ed elementi del socialismo ispirato all’URSS. C’è anche una forte dose di governance meritocratica basata sulle tradizioni cinesi di lunga data.
Naturalmente, nessun modello di economia politica è statico e universale. Il Modello Cina continuerà ad evolversi, auspicabilmente verso un modello più socialista in cui un’equa distribuzione si accompagni ad una maggiore creazione di ricchezza.
Il contributo finale del Modello Cina è che la Cina ha mostrato al mondo un’alternativa: è possibile modernizzarsi senza occidentalizzarsi e la prosperità non deriva solo dal capitalismo finanziario praticato in Occidente.
Hua Bin
Fonte: huabinoliver.substack.com
Link: https://huabinoliver.substack.com/p/peter-thiel-and-vladimir-ilyich-lenin
27.08.2025
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org
FONTE: https://comedonchisciotte.org/peter-thiele-e-vladimir-ilyich-lenin-gli-apostoli-di-due-ordini-economici-parte-2/